mercoledì 27 ottobre 2010

Ai limiti della "legalità" parte seconda.

Mi è sempre difficile capire come alcune persone, per il solo motivo che necessitano di lavorare, permettano imperterrite a farsi calpestare dal datore di lavoro.
C'è stato un momento in cui anche io stavo per cadere in quella trappola.
Poi, grazie all'aiuto di mio padre, mi sono ravveduta.
Lavoravo presso il discount da diverso tempo ed era giunto il momento di scegliere le ferie.
Chiesi al mio datore di lavoro di poterle fare anch'io.
Inizialmente lui sembrava disposto a farmi usufruire di una settimana che mi spettava. Era il mese di giugno e le colleghe cominciavano ad alternarsi per andare in vacanza.
Ovviamente fui messa al corrente della clausola che nessuno poteva assentarsi nel mese di agosto.
Ma a me interessava godere della mia settimana libera a settembre.
Il mio datore mi disse che ci avrebbe pensato e mi avrebbe fatto sapere.
Quando arrivò la seconda metà di agosto cominciai ad andare in agenzia di viaggio a dare un'occhiata per il periodo di settembre.
I giorni passavano, saltavano fuori viaggi a prezzi convenienti ed io ancora non sapevo con esattezza e certezza in quale settimana sarei potuta andare perché il mio capo ogni volta che gli chiedevo notizia delle mie mie ferie
scappava via dicendo di non avere tempo per parlarne.
Questa cosa mi mandava fuori di testa e ne parlai a mio padre lamentando la poca serietà del mio capo.
Mio padre mi redarguiva riguardo il fatto che le ferie sono un diritto di ogni lavoratore e di insistere per avere un colloquio con il datore per far valere il mio diritto.
Riuscii un pomeriggio a "braccarlo" sulla porta del negozio e pretesi di parlare con lui in ufficio.
Avemmo un mezzo litigio poiché lui sosteneva che non poteva darmi la settimana per via del troppo lavoro e delle ferie delle colleghe e non sentì ragioni nemmeno quando gli feci presente che io volevo andare via a settembre, mese in cui nessuno si era segnato.
Per farla breve: non voleva che io andassi in ferie!!
Quando raccontai a mio padre l'esito dell'incontro faccia a faccia con lo "schiavista" fece una cosa che mi dette molto fastidio...
Telefonò al mio datore di lavoro.
Diciamo che questa mossa da "papà in difesa della figlioletta" mi fece sentire piccola piccola ma, col senno di poi, credo che sia stata un'ottima cosa.
Mio padre riferì di aver parlato con lui in modo educato e di averlo fatto ragionare sulla questione ferie come diritto di ognuno, e sottolineando il fatto che l'agenzia premeva per bloccare il volo che mi interessava.
Fatto sta che il mattino successivo ebbi la notizia ufficiale che potevo andare in ferie dal giorno... al giorno... di settembre.
E così potei prenotare e gustarmi la mia prima vacanza da sola all'estero.

L'anno successivo, nel mese di febbraio, venni chiamata ai seggi elettorali come scrutatrice alle elezioni.
Feci presente a lavoro che mi sarei assentata per assolvere il mio dovere.
Accadde di tutto...
Prima di tutto mi venne "suggerito" che sarebbe stato meglio rinunciare a questa cosa.
E quando feci presente che per rinunciare avrei dovuto avere delle motivazioni più che valide, iniziarono le liti.
Andò a finire che presenziai ai seggi per svolgere il mio compito e quando rientrai a lavoro lavorai la mattina in modo sereno e alla chiusura del negozio alle ore 13 mi venne comunicato da una collega (mia superiore), che potevo ritenermi in ferie.
Mi arrabbiai moltissimo perché per avere le vacanze avevo dovuto penare e quelle invece mi apparivano come ferie obbligate, un castigo per avere assolto un dovere verso lo stato.
Ebbi la felice idea di chiedere spiegazioni all'ufficio del personale del mio datore dato che lui era irreperibile (solo per me, ovvio).
Avevo il dubbio che lui non potesse fare una cosa del genere e volevo sapere con certezza come funzionasse questa cosa, ma questo non fece altro che farlo arrabbiare ancora di più.
E dire che mica mi ero rivolta ai sindacati!?!

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